Mourinho-Chiffi, reato d’opinione

E vada per la giustizia sommaria, ma qui siamo al diritto di polizia! Occhio giudici, occhio istituzioni federali, occhio colleghi che raccontate il calcio, l’ultima condanna di Mourinho è una sentenza di regime. Ve ne rendete conto? Non si può punire chi dice che “Chiffi è il peggior arbitro che ho trovato nella mia vita, tecnicamente orribile, empatia zero, comunicazione zero, sensibilità zero”. Non si può confondere un giudizio, pur netto e liquidatorio che sia, con un insulto. Che è tutt’altra cosa. Non si può confondere la qualità sportiva con la reputazione, e ritenere che un’opinione sulla prima sia un’offesa alla seconda. Altrimenti si sanziona il sacrosanto diritto di critica, che in democrazia va tutelato senza se e senza ma.

Ma il calcio è ancora un universo democratico? È domanda che rivolgiamo ai vertici degli arbitri e della Figc. Non tollerano che si esprimano giudizi sul loro operato? Dobbiamo abolire le pagelle o consacrarle al sei politico per tutti? Conosco la risposta. Voi giornalisti siete liberi di scrivere ciò che volete, ma i tesserati sono altra cosa. I tesserati, come ricorda la sentenza che nega per due turni la panchina al tecnico romanista, devono operare secondo lealtà, probità e correttezza. Vuol dire forse che devono rinunciare al diritto di dire come la pensano? In uno sport dove il racconto e la polemica sono parte dello spettacolo, e dove non a caso gli stessi allenatori e calciatori sono obbligati a presentarsi in conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti, si può limitare il loro diritto di giudicare la qualità del prodotto? Si vorrebbe cioè che recitassero in forma anodina quei quattro luoghi comuni che umiliano l’intelligenza di chi ascolta, come purtroppo spesso accade? È il non dire l’etica della lealtà, probità e correttezza?

No, cari signori. Siete in confusione con la semantica, e forse anche con la buona fede. Perché Mourinho è sì, arrogante, provocatorio, istrionico, ambiguo e spregiudicato, come tutti i professionisti della vittoria, che non hanno occhi se non per questa. Ma voi non potete arrogarvi il diritto di sanzionare il suo carattere, anche se legittimamente ritenete che sia di cattivo esempio. Voi dovreste occuparvi di illeciti. “Sei una fottuta disgrazia” è un illecito, ancorché la punizione di quattro giornate, inflitta dall’Uefa, pare sproporzionata rispetto alla sua gravità. “Chiffi è l’arbitro peggiore che ho incontrato” è un sacrosanto giudizio. Rispettarlo sarebbe un dovere. Né si può censurare il portoghese per aver aggiunto che “molti club dicono quell’arbitro non lo voglio, la Roma non ha la forza o la voglia di dirlo”. Perché la sua denuncia non è una calunnia.

Mourinho non dice che le squadre più potenti ottengono dal designatore gli arbitri che preferiscono, ma solo che molti club hanno ricusato pubblicamente l’arbitro sgradito. Se poi per uno strano caso del destino, la loro indebita ricusazione ha avuto l’effetto di tenerlo lontano dalle proprie partite, come è accaduto all’Inter con Orsato, beh, questo non l’ha detto Mourinho. Ma, se mai, l’avete fatto voi. “Sacerdoti, compiste un delitto, voi punite chi colpe non ha!”: il monito di Amneris nel finale dell’Aida di Verdi sembra fatto opposta per raccontare l’epilogo di una sentenza morale, pronunciata da giudici che somigliano a ministri di un culto pagano. Mourinho non è uno stinco di santo, e forse neanche Radames lo era del tutto, ma la sua condanna somiglia a una fatwa per un “reato di opinione”. Sentenze come questa sono precedenti pericolosi. Non solo perché condizionano il campionato prima ancora che inizi, ma perché delimitano il campo delle parole e delle emozioni consentite in un perimetro tanto ristretto da fare di uno stadio appena un tavolo da ping pong.

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